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If we occasionally think that in life there are not only kittens, dogs (with all the greatest respect) meatballs, selfies, buttocks to be shown on the beach, phrases posted on Facebook borrowed somewhere that make us appear wise and philosophers … but also something that is not within reach of mobile phones, that does not participate in noise and bullshit everyday, but that is what gives us the right to consider ourselves citizens of a society and that we are losing without realizing it… then we would feel really frightened and we would be working to change.


I am convinced, and my experience suggests it to me, that you get more in life if you are willing to change. Change is induced by the perception that something is not right, that something could be better, that there is a problem to be solved. Awareness is an important step in discovering the world around you and finding your place within it.


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By Libero Gentili 03 Nov, 2023
Mentre i cittadini di Gaza piangono la morte di oltre 9.000 persone, di cui 3.760 bambini per opera dell’esercito israeliano, il presidente Benjamin Netanyahu giurando che Hamas deve essere eliminato o in qualche modo reso inoffensivo, anche a costo di fare a pezzi Gaza, ha “legittimato” le sue atrocità citando la Bibbia . "Le richieste di cessate il fuoco sono in realtà richieste a Israele di arrendersi ad Hamas, di arrendersi al terrorismo, di arrendersi alla barbarie. Non accadrà mai. Signore e signori, la Bibbia dice che c'è un tempo per la pace e un tempo per la guerra. Questo è il tempo per la guerra". E, finalmente, ci siamo arrivati: dopo tutte le azioni dello Stato riguardanti il “problema Gaza” già dal 1967, e la decisione sconsiderata di rafforzare Hamas con lo scopo di dividere il movimento nazionale palestinese tra islamisti con sede a Gaza e nazionalisti laici in Cisgiordania, Netanyahu ora si appella alle sacre scritture come lasciapassare al suo corridoio di follia incontrollata. Ma prima di ricorrere all’avallo della provvidenza divina, Bibi (o chi per lui) il 29 Ottobre aveva postato un messaggio su X , sostenendo che “in nessuna circostanza e in nessun momento il primo ministro era stato avvertito dell’intenzione di Hamas di entrare in guerra… tutti i funzionari della difesa, compresi i capi dello Shin Bet (Servizio di Sicurezza), credevano che Hamas fosse scoraggiato e cercavano un accomodamento. Questa è stata la valutazione presentata più e più volte al primo ministro e al gabinetto da tutti i funzionari della difesa e dalla comunità dei servizi segreti fino allo scoppio della guerra.” Dopo questo scarico di responsabilità Benny Ganz , ministro e membro del Gabinetto di Guerra, rispondeva pubblicamente che il Primo Ministro “deve ritrattare le sue osservazioni di ieri sera e smettere di occuparsi di questo problema... la leadership richiede dimostrazione di responsabilità. Qualsiasi altro tipo di parola o azione danneggia la resilienza e la forza della nazione”. Il tweet veniva immediatamente cancellato e il suo autore ammetteva: “ho fatto un errore” aggiungendo, però, “insieme vinceremo”. La sopravvivenza politica per un personaggio è troppo importante, ancor più se questo personaggio narcisista come Netanyahu ha a cuore, innanzi tutto, la sua immagine. E allora, quando il suo scaricare la colpa sugli altri gli si ritorce contro in maniera spettacolare, occorre trovare un’altra strategia, e l’unica è quella di far intervenire la “volontà divina” alla quale non ci si può sottrarre; un escamotage al quale l’uomo ha sempre fatto ricorso, compresi gli stessi rappresentanti in terra della volontà di dio. Come tutti sappiamo, nello Stato di Israele la maggioranza è ebraica. Il conflitto territoriale, violento, con arabi e palestinesi dura dal 1947 ed ha assunto anche un carattere religioso: Hamas (fondamentalisti sunniti palestinesi, appoggiati da Iran e Hezbollah libanese) e coloni (fondamentalisti ebrei) i quali sostengono che il territorio di Palestina/Israele è stato dato loro da Dio . E poi, lo Stato di Israele anti- Iran, il quale è in accordo, ormai, con Paesi musulmani del «blocco saudita». Nell’anno 2014 veniva ufficialmente proclamato il Califfato , guidato da Abu Bakr Al-Baghdadi . Un Governo monarchico, la cui identità sociale e politica si basa sulla predicazione del profeta Maometto. Il dato che emerge da quegli anni è la problematica difficoltà a riportare concettualmente le trasformazioni geopolitiche in atto in quella regione, in quanto esse subiscono un dinamismo ad una velocità incredibile, se ci si rapporta alla storia passata; soprattutto perché è dettata da paradigmi politici che si fondano su presupposti religiosi. Questa visione che si incardina su tali presupposti che credevamo superati in Occidente, almeno fino a poco tempo fa, porta il mondo a scontrarsi in “territori” che non trovano dialogo perché basati su impostazioni in contrapposizione l’una con l’altra; questo porta ad una “geografia dell’incertezza” . La Pace di Westfalia del 1648 aveva permesso di coniare il termine Stato , come sinonimo di status , stabile, fermo, statico il quale era basato sul riconoscimento reciproco di un’autorità sovrana. La geografia dell’incertezza non consente più, di confrontarsi con una realtà giuridica territoriale sovrana, e lo farà sempre meno perché ad ogni crisi, ogni volta, fa seguito un cambiamento geopolitico, a cui segue una successiva nuova fase di incertezza. Nell ‘estate del 1993 il politologo statunitense Samuel P. Huntington pubblicò il famoso libro The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order (trad. Italiana “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale) dopo l’apparizione dell’ omonimo articolo sulla rivista Foreign Affairs, al quale seguì un secondo saggio per rispondere alle critiche che erano state mosse alla sua rivoluzionaria teoria. “Gli anni successivi alla Guerra fredda videro l’inizio di mutamenti drammatici nelle identità dei popoli e nei simboli che le incarnavano. Il quadro politico mondiale iniziò a essere riconfigurato in base a criteri culturali”. Su questo assunto Huntington sviluppa la sua teoria in base alla quale “nel mondo post-Guerra fredda, le principali distinzioni tra i vari popoli non sono di carattere ideologico, politico o economico, bensì culturale” . E sotto la categoria “culturale” l’autore include soprattutto quella religiosa . “Nell’epoca che ci apprestiamo a vivere, gli scontri fra civiltà rappresentano la più grave minaccia alla pace mondiale, e un ordine internazionale basato sulle civiltà è la migliore protezione dal pericolo di una guerra mondiale”. Il suo libro ricevette numerosissime critiche, ovviamente, in quanto andava a frantumare l’impianto teorico che sosteneva la visione oramai consolidata dell’equilibrio internazionale. Ma se la critica è una sorta di leva di Archimede con cui i critici sperano di muovere il mondo, dev’essere davvero un dispositivo meraviglioso, ovunque ci si trovi, per spingerla verso il basso! Ma è dove si trova il critico nello spazio sociale, che è il punto di maggiore conseguenza nello stimare l'efficacia della critica. Nel 1993, appena dopo la dissoluzione dell’ Unione Sovietica , il mondo si apprestava a passare ad un equilibrio unipolare che non avrebbe più seguito la logica del bipolarismo.  A distanza di trent’anni la teoria di Samuel P. Huntington si è dimostrata più che giusta, e ad ogni anno che passa gli eventi catastrofici che si verificano sulla scena mondiale ce lo confermano sempre di più.
By Libero Gentili 28 Oct, 2023
OGGI È IL GIORNO DELL’INFAMIA , ma non per il motivo che ha sostenuto l’ambasciatore di Israele davanti all’assemblea dell’ ONU , bensì per la sua stessa reazione arrogante, tracotante e baldanzosa. Ha aggiunto: "Sappiamo che non c'è alcuna crisi umanitaria in conformità con il diritto internazionale umanitario… È un giorno buio per le Nazioni Unite e per l'umanità." Si tratta solo di capire che tipo di “umanità” hanno in mente. L’Assemblea generale dell’ONU si è decisa, finalmente, a chiedere una tregua umanitaria immediata a Gaza. La risoluzione ha ottenuto 120 voti a favore, 14 contrari con in testa, ovviamente, Israele e i suoi servetti gli Stati Uniti , e 14 astenuti TRA CUI L’ITALIA. Si, questo è il giorno dell’infamia anche per il nostro Paese. Anche per queste persone gli interessi di facciata prevalgono sulle atrocità che migliaia di uomini, donne e soprattutto bambini stanno subendo già da troppo tempo. Vorrei, vorremmo vedere, se tra quegli innocenti che vengono trucidati ci fossero figli, genitori, parenti di queste persone che hanno optato per l’astensione. È sufficiente per vergognarsi di queste persone, o serve qualcos’altro?
manifestazione filo-palestinese ad Harvard-Yard
By Libero Gentili 27 Oct, 2023
Mentre a Gaza continuano le atrocità di questa guerra che Israele ha deciso di portare avanti sino all’annullamento non solo dell’identità palestinese, ma anche di una popolazione inerme composta di adulti e bambini, con il beneplacito dichiarato (“un cessate il fuoco sarebbe inopportuno”) dei suoi alleati Usa e Inghilterra e con il beneplacito coperto da un velo non troppo spesso per la verità, di ipocrisia dell’Unione Europea, una voce si è levata fuori dal coro: la regina Rania di Giordania . Li ha accusati, finalmente, di “evidente doppio standard” per non aver condannato la morte di civili sotto i bombardamenti israeliani a Gaza. Parlando con Christiane Amanpour della CNN in un'intervista esclusiva, Rania ha detto: “Le persone in tutto il Medio Oriente, inclusa la Giordania, sono semplicemente scioccate e deluse dalla reazione del mondo a questa catastrofe che si sta verificando. Nelle ultime due settimane abbiamo assistito a un evidente doppio standard nel mondo”. "Quando è avvenuto il 7 ottobre, il mondo si è schierato immediatamente e inequivocabilmente dalla parte di Israele e del suo diritto di difendersi e ha condannato l'attacco avvenuto... ma quello che stiamo vedendo nelle ultime due settimane, stiamo vedendo il silenzio nel mondo" "Questa è la prima volta nella storia moderna che si verifica una tale sofferenza umana e il mondo non chiede nemmeno un cessate il fuoco, quindi il silenzio è assordante – e per molti nella nostra regione rende complice il mondo occidentale”. “Ci viene detto che è sbagliato uccidere una famiglia, un'intera famiglia, sotto la minaccia delle armi, ma va bene bombardarli a morte? Voglio dire, qui c’è un evidente doppio standard. È semplicemente scioccante per il mondo arabo”. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres aveva lanciato un appello: “Chiedo un immediato cessate il fuoco umanitario per alleviare l’epica sofferenza umana a cui stiamo assistendo; troppe vite e il destino dell’intera regione sono in bilico” , ma il rappresentante di Israele, Gilad Erdan , con la tipica arroganza che li caratterizza, ha addirittura chiesto le sue dimissioni. Anche il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen , presente al vertice ha risposto senza freni alle parole di Guterres respingendo la sollecitazione a un cessate il fuoco. “Ditemi, qual è una risposta proporzionata all’uccisione di bambini, allo stupro di donne e al loro incendio, alla decapitazione di un bambino?” Ha chiesto Cohen. “Come puoi accettare un cessate il fuoco con qualcuno che ha giurato di uccidere e distruggere la tua stessa esistenza?” E ha concluso che Israele ha non fornirà visti ai funzionari delle Nazioni Unite. Ora, anche una mente infantile capirebbe che non si può giustificare la punizione di un innocente, semplicemente mettendogli all’occhiello un distintivo; eppure gli ebrei lo vissero di persona, quando furono massacrati dal regime nazista che li etichettò con la “Stella di Davide” cucita sui loro pigiami a righe. Ma, evidentemente, gli ebrei di allora non erano la stessa “nazione” dello Stato di Israele di oggi… Questi qui hanno deciso di sterminare , così come fece Hitler con i loro nonni. E gli occhi del mondo o meglio degli attori internazionali, sono troppo foderati di strategie politiche ed elettorali, tattiche, alleanze e quanto di peggio si possa tirar fuori. Gli Stati Uniti , con in testa il loro presidente Joe Biden , il quale sta tirando fuori il “peggio” del suo mandato, hanno perso definitivamente il ruolo di ago della bilancia dell’equilibrio mondiale che vantavano (o forse, alla luce dei fatti, si arrogavano) nel Sistema Bipolare. La sua veneranda età avrebbe dovuto, come normalmente ci si aspetta, dimostrare una saggezza super partes, ma si è fatto superare persino dal 98enne ex Segretario di Stato Henry Kissinger il quale, recentemente, ha ricevuto le lodi del leader cinese Xi Jinping con le parole “Gli Stati Uniti hanno bisogno della sua saggezza” . Ma no, in un mondo privo di una visione morale e strategica, “zio Joe” soffre di basorexia per “Bibi” e questo, evidentemente, gli offusca la ragione. In realtà sono in molti, negli Stati Uniti, a soffrire di questo impulso. Anche l’appena eletto Presidente della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson , un cristiano evangelico, ha legami con l’estrema destra israeliana. Descrisse la sua visita del 2020 al Monte del Tempio di Gerusalemme come “l’adempimento di una profezia biblica”. È la vittoria più significativa finora ottenuta dal movimento filo-israeliano dei cristiani evangelici americani. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e i suoi alleati – incluso l’ex ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Ron Dermer – hanno sottolineato pubblicamente e privatamente l’importanza del sostegno evangelico. “Israele dovrebbe spendere più energie per rivolgersi agli evangelici americani che agli ebrei, che sono “sproporzionatamente tra i nostri critici” ha detto , a maggio, l’ex ambasciatore israeliano a Washington, definendo gli evangelici “la spina dorsale del sostegno di Israele negli Stati Uniti” . Per la maggior parte degli evangelici negli Stati Uniti, certamente per molti di loro, Israele è una delle questioni più importanti. Per alcuni è il numero uno. Per altri, forse è il numero due o il numero tre. È molto raro sentire gli evangelici criticare Israele. L’allora rappresentante della Louisiana Mike Johnson si recò in Israele nel febbraio 2020. La prima tappa, durante la visita organizzata, fu al Kohelet Policy Forum , il think tank conservatore che è stato un importante partner negli sforzi del Governo Netanyahu per indebolire il sistema giudiziario. Novanta leader evangelici – poi raggiunti da quasi altri 2.000 – hanno firmato una dichiarazione affermando: “In linea con la tradizione cristiana della Guerra Giusta , affermiamo anche la legittimità del diritto di Israele di rispondere contro coloro che hanno avviato questi attacchi poiché “Romani 13” garantisce ai governi il potere di portare la spada contro coloro che commettono atti così malvagi contro la vita innocente” .  Insomma, gira che ti rigira, i compari si ritrovano sempre, anche quando la posta in gioco è la devastazione della civiltà. Ma a che serve la storia?
By Libero Gentili 25 Oct, 2023
Se Joe Biden fosse stato romagnolo, i suoi compaesani lo avrebbero rimbrottato: “Mai lighér i can con el sulzézz!” (non legare mai i cani con la salsiccia). Un detto popolare che, notoriamente, veniva usato per dare dello sprovveduto a chi se lo meritava; poi la scelta, in sé, costituiva veramente uno spreco. Ma per estensione, come succede per tutti i proverbi, potrebbe anche suggerire che le misure di sicurezza e soprattutto le scelte andrebbero prese adeguatamente, perché la loro inefficacia potrebbe causare danni ben più gravi. Sostenere due guerre non è facile, anche per chi possiede un salumificio. In che modo gli Stati Uniti aiuteranno sia Israele, che l’Ucraina? Le risorse di una nazione contano sicuramente ma, la storia ce lo insegna, spesso non bastano perché ciò che più conta sono le decisioni strategiche, soprattutto con chi si sceglie di allinearsi. Le prime parole che il presidente ha pronunciato il 20 Ottobre, dopo aver salutato i suoi “fellow Americans” sono state: “Siamo di fronte a un punto di svolta nella storia: uno di quei momenti in cui le decisioni che prendiamo oggi determineranno il futuro per i decenni a venire”. Le stesse, quasi identiche parole le pronunciò quando iniziò il suo mandato, affermando che la politica degli Stati Uniti si trova a un punto di svolta, in cui le decisioni che gli americani prendono ora avranno un impatto enorme sul futuro. Ma in quasi tre anni, dall’inizio del suo mandato, gli eventi si sono susseguiti in maniera vertiginosa, come avviene normalmente man mano che proseguiamo nella storia. Quindi la sua visione di quasi tre anni fa sta rapidamente diventando un ricordo. Ma quel ricordo il Presidente lo ha ricollocato, come se nulla fosse, in un contesto diverso; di grande interdipendenza. Il fatidico 11 settembre di ventidue anni fa ha segnato, caratterizzato, plasmato l’intera politica estera degli Stati Uniti , garante la loro preminenza economica e militare rispetto al resto del mondo, con lo scopo di perseguire le cosiddette nazioni canaglia , ma con conseguenze che non ci vuole poi molto a definire quanto meno deludenti, se non disastrose. Certamente il potere americano si basa anche sulle sue alleanze: “le alleanze americane sono ciò che mantiene noi, l’America al sicuro. I valori americani sono ciò che ci rende un partner con il quale le altre nazioni vogliono lavorare.” Ma le alleanze a cui il Presidente americano probabilmente si riferisce erano state create per un’epoca diversa. Attualmente la guerra in Ucraina prosegue inconcludente e quella attuale, che contrappone l’alleato Israele ad Hamas, potrebbe produrre una catena di eventi che rovescerebbero il primato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Se ci pensiamo bene, non c’è molta coerenza nell’immagine che questa nazione sta dando al mondo, soprattutto agli occhi del mondo arabo: condannare un’invasione in Ucraina e, al tempo stesso, sostenerne una a Gaza. Nonostante ciò, dopo il suo ritorno da Israele, collegando direttamente le due guerre, Biden ha proposto un finanziamento di emergenza di 106 miliardi di dollari, di cui 61 sarebbero destinati all’Ucraina, 14,3 a Israele e 14 per la gestione del confine tra Stati Uniti e Messico. Di fronte allo scetticismo espresso dall’altro polo, quello repubblicano, Biden ha replicato che “Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno questo in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia vicina”. La petizione di principio, in sé, non fa una piega. Ma siamo proprio sicuri che questa generalizzazione del termine democrazia, che nessuno avrebbe il coraggio di contestare, possa effettivamente calzarsi a pennello sulla politica che sta attualmente conducendo il governo di Benjamin Netanyahu ? Da quando è iniziata questa tragedia, a Gaza sono morti più di 1.700 bambini palestinesi ; 120 al giorno! è una statistica impossibile da ignorare. Uccidere migliaia di persone, mutilarne decine di migliaia e lasciarle senza niente, solo perché il Governo attualmente in carica identifica questi abitanti con il terrorismo di Hamas, non sembra un grosso modello di democrazia. Né è possibile, a quanto pare, esprimere pubblicamente compassione per i bambini morti a Gaza, perché questo potrebbe sfociare in un linciaggio da parte di una folla fascista come è successo, a Israele, al giornalista di sinistra Israel Frey per aver recitato la preghiera ebraica in lutto per le donne e i bambini che, secondo lui, erano stati "massacrati". Al momento in cui sto scrivendo, una cinquantina di persone, secondo media israeliani, potrebbero ritrovare la libertà, grazie ad un accordo mediato dal Qatar . Ma questi sono sviluppi che non bastano a dissuadere Israele dall’intenzione di procedere con un’offensiva di terra a Gaza; il suo inizio è solo rimandato. Quello che è molto grave è che la stampa internazionale non sta affatto dando risalto al fatto che Benjamin Netanyahu è considerato, da una vasta area non indottrinata dell’opinione pubblica israeliana, il principale responsabile di questo disastro . Secondo alcuni giornalisti israeliani, per 14 anni la politica di “Bibi” (soprannome affibbiato al primo ministro) è stata quella di mantenere Hamas al potere. Si ritiene che “il modus operandi della politica di Netanyahu dal suo ritorno all’ufficio di Primo Ministro nel 2009 continua a rafforzare, da un lato, il governo di Hamas nella striscia di Gaza e, dall’altro, a indebolire l’Autorità Palestinese”. Da parte di quell’area non indottrinata del paese si grida: “Netanyahu deve andarsene adesso, non dopo la guerra di Gaza” . Attualmente i legislatori del partito al governo israeliano Likud, di destra, chiedono apertamente e sfacciatamente una seconda "Nakba” [la “distruzione” dell’identità palestinese avvenuta in concomitanza con la cacciata dalle loro terre, nel momento stesso in cui nasceva lo Stato d’Israele]. È vero che nel tempo le parole acquistano e addirittura stravolgono, nell’uso che se ne fa, il loro valore etimologico; neologismi e termini di recente creazione contribuiscono in misura notevole. Ma la parola “democrazia” nasce come termine “fattuale”; in sostanza non può essere soggetta a diminuzioni o alterazioni di valore: o c’è, o non c’è. Per chi ha ascoltato il messaggio del Presidente Joe Biden agli americani sull'appoggio incondizionato a Israele, non credo ci sia difficoltà ad ammettere che si è trattato solo di un inno alla grandezza del paese: "noi siamo gli Stati Uniti d'America; GLI STATI UNITI D'AMERICA!". Ma grandezza e democrazia non è detto che vadano sempre a braccetto.
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